Ibe Driving Experience: ridurre le emissioni e massimizzare gli investimenti. Una risposta dallo studio ANAV

In termini di inquinanti locali, una scelta di investimento che includa anche autobus diesel porta a risultati migliori. Gli scenari simulati nello studio “L’impatto delle alimentazioni alternative sulle emissioni inquinanti nel rinnovo del parco autobus del TPL”, presentato nel contesto di Ibe Driving Experience, hanno portato a questo risultato.
L’analisi è stata commissionata da ANAV alla società PTV-Sistema, spin-off dell’Università degli Studi di Roma “Sapienza”, ed è stata presentata da Guido Gentile, ordinario della Sapienza.

Le minime emissioni di autobus diesel di ultima generazione sono ampiamente compensate da un maggior tasso di sostituzione, derivante dal minor costo dei veicoli tradizionali, che porta a togliere dalla strada un numero superiore di veicoli obsoleti maggiormente inquinanti, fatto che peraltro incide molto positivamente anche sulla riduzione dell’età media del parco.

Dalle simulazioni illustrate nel precedente post, è emerso che ad essere vincente in termini di emissioni inquinanti – particolato, monossido di carbonio, ossidi di azoto e composti organici volatili non metanici – sia proprio lo scenario caratterizzato (per massimizzare l’investimento) dall’acquisizione di veicoli a gasolio per la metà del totale in campo urbano e per i due terzi nell’extraurbano. La restante parte è occupata dal metano.

A parte il caso del particolato, in cui tutti gli scenari presentano performance sostanzialmente simili, per gli altri inquinanti lo scenario B risulta essere quello che massimizza in termini ambientali le risorse investite.

La motivazione di tali risultati deriva dal fatto che a causa del diverso tasso di sostituzione a parità di risorse investite, una strategia che consideri anche una quota parte di veicoli alimentati in modo più tradizionale permette di togliere dalla strada un maggior numero di macchine obsolete e dunque inquinanti, fortemente ancora presenti (in media) nei parchi delle aziende di TPL italiane. E l’età media è dunque l’elemento che fa la differenza: se questa nel nostro paese fosse bassa, è evidente che i risultati degli scenari sarebbero diversi, perché i veicoli che si andrebbero a togliere dalla strada sarebbero meno inquinanti rispetto a quelli che sostituiamo oggi, e dunque il gap gasolio/metano conseguente ai tassi di sostituzione sarebbe minore.

Discorso differente per la CO2, in cui come già detto l’investimento in tecnologie tradizionali non porta ai medesimi risultati positivi che si hanno con gli inquinanti. Lo studio però opportunamente su questo aspetto fa delle importanti considerazioni, che di fatto si riassumono in un solo fondamentale concetto: il TPL stesso, ed in generale il trasporto collettivo, può essere esso stesso un driver fondamentale di riduzione delle emissioni, in quanto capace di sottrarre quote modali, e quindi emissioni, al trasporto privato. A patto però che sia di qualità. Qualità che dipende fortemente da alcuni fattori quali, ad esempio, l’età media, perché un parco della giusta età permette di dare regolarità ai servizi e maggiore comfort nel viaggio, e la quantità di offerta.

Per migliorare la prima si deve velocizzare il più possibile il rinnovo del parco, cosa che evidentemente fa lo scenario B. Sulla seconda, invece, lo studio ha quantificato la relazione tra la variazione di servizi offerti e l’impatto sul trasporto privato. È stato stimato che l’aumento di un veicolo-km di TPL fa diminuire di 9,41 veicoli-km il trasporto privato. Di conseguenza si ha un beneficio globale su tutte le emissioni: in termini di CO2, ad esempio, quella tolta con la riduzione di 9,41 veic-km di traffico privato è circa 2 volte e mezzo quella immessa con l’aumento di un veic- km di servizi di TPL, con un evidente saldo positivo sulla riduzione.


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